Eniwhere Fashion

sabato 22 marzo 2014

Marc Jacobs: passione ed istinto

Non è più l'anima creativa di Louis Vuitton, ma è comunque il genio che ha inventato tutte le borse dei miei desideri. Ammetto di avere un debole per quest'uomo e di avere un grande sogno: quello di poterlo conoscerlo un giorno dal vivo. Non succederà mai, vero? Non importa. Ma è bello vivere anche di sogni, no? Per questo motivo questo post è dedicato interamente a lui.

Tutte noi conosciamo o almeno abbiamo sentito parlare di Marc Jacobs. Ne abbiamo sentito parlare per le sue creazioni per LV o per le sue diverse relazioni sentimentali, magari per i colpi di scena delle sue sfilate come la modella a seno nudo dello scorso anno, oppure per le sue geniali scenografie o per la sua presunta morte apparsa su FB due mesi fa e poi rivelatasi una bufala.

Cinquant’anni compiuti (e non dimostrati) il 9 aprile, gay dal fisico scolpito, newyorchese di nascita, dal 1997 fino a pochi mesi fa direttore artistico di Louis Vuitton e attualmente concentrato nello sviluppo della società che porta il suo nome.

Le strade di Marc e LV si separano da ottobre 2013 ma non completamente; la multinazionale francese LVMH proprietaria del marchio LV infatti detiene infatti circa un terzo della società Marc Jacobs International, l’azienda che detiene i marchi Marc Jacobs e Marc by Marc Jacobs.

In ogni caso tutte ne abbiamo sentito parlare ed a me piace tantissimo, ma non mi ero mai posta la finalità di chiedermi, al di là delle sue creazioni, cosa pensasse o dicesse, quali fossero state le cose importanti per lui. Allora mi sono scovata alcune sue interviste che ho letto con difficoltà e delle quali, oltre alle immagini inserite in questo post, vi posto alcuni estratti ed alcuni riassunti.

Di sé stesso dice di essere stato spinto nel mondo della moda dalla nonna che “amava vestirsi ed era sempre molto, molto ben vestita”. La nonna gli ha insegnato a lavorare a maglia e ricamare, abilità utili durante l'inizio della sua carriera. "Mia nonna era incredibile. Ha completamente creduto in me ed è stato molto incoraggiante. Sarebbe andata al supermercato o dal macellaio o ovunque per dire alla gente che mio nipote sarebbe diventato il prossimo Calvin Klein!”.

Anche la scelta della Parsons School of Design di NY nel 1981 è legata ad un rapporto personale, quello con Perry Ellis. In quel periodo egli andò per la prima volta a Parigi per un corso e si innamorò della città. “Ho dovuto prendere un prestito per andare. Ho avuto questa cosa nella mia mente che dovevo andare a Parigi molto presto. Trascorro poco meno di sei mesi all'anno lì. Non c'è una mattina in cui vada a lavorare o di una notte che torno a casa dove non superi la Place de la Concorde o passi a vedere la Torre Eiffel”.

Ciò che secondo lui rende un designer pieno di successo è l’istinto. Grazie ad esso “sei molto sensibile. Credo che l’istinto giochi un ruolo importante, oltre all’ispirazione ed a tutto il resto”. Ed egli attribuisce alle donne il ruolo principale nella storia del design. “Nel corso della storia, i migliori designer e quelli che hanno fatto la grande differenza e la differenza più lunga durata nella moda sono donne. Miuccia Prada, Rei Kawakubo, Madeleine Vionnet, Elsa Schiaparelli, Madame Grès, Chanel, Westwood. Mi ricordo che anni fa, Saint Laurent stava parlando di come ha voluto creare uno stile perché è quello che ha fatto Chanel. Questo è ciò che dura. Non creare una moda. Una moda è una tendenza”.

Sull’amore per il denaro egli dice “io di certo non mi disdegno la busta paga, ma non lo faccio solo per questo. Mi piace andare a lavorare, mi piace fare scelte anche quando sono difficili, anche quando sembra come se fossero impossibili. Io non sono un musicista frustrato. Io non voglio essere un attore. Amo la moda. E 'quello che ho sempre amato: è la mia forma di auto-espressione”.

Quando durante la collaborazione tra Sephora e Marc Jacobs ha presentato articoli unisex, ha sostenuto di credere che “qualsiasi cosa possa essere per gli uomini o le donne. Voglio dire, ho indossato un abito di pizzo prima! Ma penso anche che l' eyeliner sia unisex, e lo stesso vale per lo smalto. Viviamo in un mondo in cui vedo i ragazzi in giro con il trucco e le ragazze in giro in abiti maschili. Tutto ciò che conta è che tu sia felice. Ho sempre apprezzato che si possa immaginare una ragazza dipingere le unghie di un ragazzo oppure immaginare un ragazzo svegliarsi la mattina e passare oltre indossando la camicia della sua ragazza. Come Keith Richards mettendo su una delle camicette di Anita Pallenberg, o Courtney Love mettere smalto su Kurt Cobain. Per me , riferendomi a quei momenti, li trovo davvero cari e veri, onesti ed affascinanti”.

Infine (e lo cito per ultimo perché è uno degli aspetti che mi ha sempre incuriosito del suo lavoro) alla domanda sulle influenze dell’arte e degli artisti e della sua tendenza a divenire un Andy Warhol della moda, egli ha risposto in questo modo. “A Parigi ho iniziato a pensare in termini romantici e ho sempre pensato che la cosa risalisse al tempo di Schiaparelli, Chanel e Cocteau, quando tutte queste persone creative sembrava fare le cose insieme, allo stesso tempo. Essi sono stati influenzati dal lavoro di Pablo Picasso o Salvador Dalí e la moda e l'arte avevano un ritmo (…) Quando sono arrivato a Parigi stavo cercando di affittare un appartamento. Stavo guardando l’ appartamento di Charlotte Gainsbourg e in un angolo aveva un un baule Louis Vuitton che era stato dipinto completamente di nero da suo padre. E ho pensato: questo monogramma Vuitton è una sorta di Monna Lisa di questa azienda e allora volli fare la stessa cosa che fece Duchamp deturpando con i baffi il volto della Monna Lisa nei primi del ‘900. E deturpare qualcosa rendendolo ancora una volta nuovo. Così ho avuto questa idea di chiedere a Stephen Sprouse di venire a Parigi e fare graffiti su di esso (….) Così ho fondamentalmente rotto le regole . Io ero stufo di compiacere solamente il capo della comunicazione. Mi ero stancato di giocare secondo le regole. E ho pensato: l'unica volta che io abbia mai fatto la differenza è quando sono stato rispettoso e irriverente al tempo stesso. E la stampa ha risposto così bene e c'è stato tanto fervore attorno a queste borse . E 'stato il pubblico veramente che ha detto: Questo è quello che vogliamo vedere . Questo è ciò che rende una cosa vecchia che le nostre madri e nonne e nonni e bisnonni avevano in qualcosa che vogliamo davvero adesso”.

Lo stesso è valso per l’idea di lavorare con Takashi Murakami: “Beh, ancora una volta, è stato un tale capriccio. La mia mente assorbe le cose in un modo molto divertente. Prendo pile e pile di riviste e strappo le pagine e li piego, e rimangono bloccati sul fondo del mio zaino o qualsiasi altra cosa. Avevo visto un articolo su Takashi di cui ricordo solo l'immagine. Non ho davvero letto l'articolo, ero attratto solo alla grafica. Un paio di mesi dopo ci fu un'altra rivista e una grafica diversa, ma ancora una volta ho strappato un immagine e non ero consapevole del fatto che era la stessa artista. Poi ho ricevuto un catalogo di Christie e sul retro della copertina c'era una statua di Hiropon, che è la figura femminile che sta spruzzando latte fuori dei suoi seni in un arco. Ho guardato la statua e poi mi sono ricordato di andare online e leggere il saggio che l'accompagnava. Si parlava di Takashi alla Warhol e poco tempo dopo alla Fondazione Cartier c'era un enorme spettacolo del suo lavoro. Sono andato un sabato e poi al lunedi in ufficio mi sono chiesto se quel ragazzo sarebbe mai stato interessato a collaborare a qualcosa per Vuitton. Così gli abbiamo inviato una e-mail, e lui era davvero interessato!”. E anche questo è stato un successo!

Concludo questa monografia alternativa con un Jacobs-pensiero: “Ciò che ha funzionato per me è non smettere di essere appassionato a quello che faccio e non mollare. E quando non credo in me stesso, rivolgermi a coloro che credono in me."